Pietro Laverda, fondatore dell’odierna azienda italiana omonima, unica produttrice tricolore di mietitrebbie agricole, nacque a S.Giorgio di Fara nel 1845 da genitori contadini, e rimase orfano di padre a soli 9 anni di età.
Nonostante la vita in campagna, la sua passione era la meccanica, tanto che a soli 13 anni costruì un orologio in legno funzionante. La madre, però, non assecondava la sua passione, costringendolo alla vita contadina.
Tutto cambia quando compie 17 anni: grazie all’appoggio del parroco Don Nicolò Dal Degan entra nel Seminario Vescovile di Padova, dove acquisisce competenze di matematica e fisica, che lo aiutano nello scoprire ulteriori nozioni sulla meccanica teorica.
Grazie all’aiuto di alcuni docenti che ne avevano notato le doti, Pietro viene ammesso nel laboratorio meccanico del Sig. Sonda Angelo, macchinista del gabinetto di fisica dell’Università di Padova. Dopo 2 anni di pratica, Pietro acquista, grazie all’aiuto di amici, alcuni ordigni per cominciare la sua attività di costruttore: la passione per la meccanica si lega così alla sua vita da agricoltore attraverso l’attività di meccanica agricola. Il primo attrezzo costruito fu uno sgranatoio, passando poi a torchi, strumenti che lo hanno reso sempre più famoso. Con il crescere delle richieste cresce anche il suo business: sempre più operai e artigiani entrano a far parte della sua azienda.
Orologi e girarrosto: una passione che diventa un business
La passione e le competenze per la meccanica di precisione sono un filo conduttore dell’attività del meccanico Pietro Laverda: tra le realizzazioni più celebri si ricordano orologi da torre, girarrosti, torchi con sistemi di pressione brevettati e sgranatoi per il granoturco di concezione rivoluzionaria.
In particolare, gli orologi da torre e da campanile sono stati una costante nel lavoro di Laverda, soprattutto nel periodo precedente alla Prima Guerra Mondiale. Invece, il connubio tra passione per la meccanica e vita contadina si trova per lo più nella realizzazione di torchi e pigiatrici: produrre il vino era da oltre mille anni una costante dell’agricoltura della pedemontana vicentina e Pietro non poteva non occuparsi degli strumenti utili ad agevolare questa stagionale pratica che occupava moltissime famiglie e aziende agricole. Lui stesso era un appassionato produttore, con vigneti retrostanti lo stabilimento di via Castelletto; un vino che vendeva anche a trattorie e privati. La macchina più complessa che realizzò in campo enologico fu un torchio a pressione continua progettato nel 1911 e che vinse la medaglia d’argento all’esposizione mondiale di Torino di quell’anno.
Infatti, dal primo torchio a vite continua e basamento in legno, la sua produzione continuò a progredire adottando prima il sistema a cricco dei francesi Mabille, ed infine il più evoluto meccanismo a pressione idraulica. In tutti questi passaggi tecnologici mise in campo la sua esperienza e la sua inventiva, registrando numerosi brevetti che miglioravano l’efficienza dei torchi diminuendo lo sforzo necessario.
Il sorgo turco
Il granoturco, quello che nel vicentino chiamano tuttora sorgo, era l’altra coltura diffusa in tutta la pedemontana e, più ampiamente, in Veneto e nel vicino Friuli. Una pianta fondamentale per l’alimentazione umana e animale, di cui, come il maiale, si utilizzava tutto: i tutoli per il fuoco, le foglie secche per imbottire i materassi, le cime fresche per l’alimentazione dei bovini, le canne per la lettiera. Proprio per questo, la prima macchina fabbricata da Pietro fu uno sgranatoio.
Sgranare le pannocchie era una delle incombenze costanti e gravose che tenevano occupate d’inverno le famiglie contadine. Migliaia di sgranatoi di varie fogge, grandezze e costo furono il perno della produzione Laverda fino al secondo dopoguerra. Anche qui l’inventiva si espresse in nuovi brevetti, in particolare in uno sgranatoio a cilindro dentato orizzontale studiato appositamente per soddisfare le esigenze dell’agricoltura veneta di allora dove molto diffuso era il mais “marano” con le sue piccole pannocchie particolarmente difficili da sgranare.
La morte di Laverda e l’innovazione del business
Alla morte di Pietro Laverda, le redini del business vengono prese dai nipoti Pietro jr e Giovanni Battista, ai quali si deve la svolta innovativa nella produzione, che porta presto la Laverda ad essere una delle maggiori aziende italiane del settore agricolo.
Nel 1934 la società presenta la prima falciatrice meccanica a traino animale, la 48 A. Nel 1938 lancia sul mercato la prima mietilegatrice italiana con larghezza di taglio da m 1,82. Nasce anche una gamma completa di macchine per la fienagione come rastrelli meccanici, voltafieno e ranghinatori.
Grazie alla collaborazione commerciale con la Federazione dei Consorzi Agrari l’azienda è leader nel mercato italiano e impiega oltre 350 operai.
Nel 1947 viene presentata la prima motofalciatrice polivalente M 4 Gioiello.
Nel 1956 nasce la prima mietitrebbia semovente, la M 60; nel 1971 esce la mietitrebbia autolivellante M 100 AL progettata per i terreni di collina. In questo periodo l’azienda è leader indiscussa del mercato italiano ed è presente in oltre 40 paesi del mondo.
Nel 1966 Laverda acquisisce lo stabilimento aeronautico Caproni di Trento, dove si installa una grande e moderna fonderia. Si costituisce, a cura di Francesco Laverda, la consociata Laverda S.p.A. Trento per la costruzione di aerei da turismo, roulotte e altri prodotti per il tempo libero. Le difficoltà cominciarono negli anni Settanta, con scioperi prolungati e minacce di chiusura. Tre anni dopo la Laverda di Breganze fu acquistata dalla Fiat e lo stabilimento di Trento passò all’amministratore delegato Paolo Paoli. Nel 1982 la Laverda S.p.A. viene rilevata dalla Fiat Trattori ed entra a far parte del gruppo FiatAgri.
Nel 1993 la produzione Laverda supera le 50 000 mietitrebbie prodotte.
Nel 2000 l’azienda viene acquisita da Argo S.p.A., finanziaria della famiglia Morra, già proprietaria di altre aziende di produzione di macchine e attrezzature per l’agricoltura (Landini, McCormick, Valpadana). La nuova proprietà da inizio ad una politica di rilancio del marchio e dei prodotti con nuove linee di mietitrebbie, presse per balle quadre e rotopresse.
Nel 2004 Laverda S.p.A. ha acquistato il marchio e l’azienda tedesca Fella, produttrice di macchine per la fienagione.
A luglio 2007 risale l’accordo di joint venture siglato con la AGCO di Duluth, Georgia, per la quale Laverda produce mietitrebbie per i marchi Fendt, Massey Ferguson e Challenger. Già dal 2004 si presuppone una potenziale crescita nei mercati di Europa, Africa e Medio Oriente.
Nel 2010 sono confermati i piani di sviluppo per Laverda, Centro Europeo d’Eccellenza per la produzione delle mietitrebbie. AGCO acquista le restanti quote societarie e concentra tutta la produzione europea di mietitrebbie nello stabilimento di Breganze, confermando così l’elezione di Laverda come sede strategica per le attività riguardanti le mietitrebbie in Europa. Ciò comporta l’integrazione completa del prodotto nella realtà Laverda.
Il marchio Laverda è stato dismesso nel 2020. La produzione rimane nel sito di Breganze con i marchi Fendt, Massey Ferguson e Challenger.
Mezzi prodotti
- Falciatrice trainata 48A (1934)
- Mietilegatrice ML6 (1938)
- M60 (1956)
- M75
- M120 (1963)
- Autofalciatrice AFC 110 e AFC 150 (1967)
- M100 AL (1970)
- Mietitrebbia M84 (1967)
- Trinciacaricatrice TA150 (1973)
- M92, M112,M132 e M152
- M112 AL
- M182
- Serie 3000
Mietitrebbie in produzione
- Serie M 400
- Serie M 400 Levelling Concept
- Serie M 300
- Serie M 200
- Serie M 180
- Serie Autolivellanti
- Serie Ideal 10
- Serie Ideal 9
- Serie Ideal 8
- Serie Ideal 7
Scopri altre curiosità e visito il nostro sito per cercare ricambi e accessori per i tuoi mezzi agricoli.